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"La guerra che resta": Gaza, Afghanistan e Sudan nel libro sulle inchieste del Premio

La guerra non finisce quando tacciono le armi. È questo il filo rosso che attraversa La guerra che resta (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2025), il nuovo volume nato dal Premio Inge Feltrinelli. Tre voci femminili, tre sguardi radicali sul presente che indagano l’eredità tossica e invisibile dei conflitti: nelle vite, nei corpi, nei paesaggi.

Nel reportage Coming to America, la giornalista palestino-americana Rhana Natour e la fotoreporter Eman Mohammed raccontano la storia di Layan, una ragazzina di Gaza che, dopo aver perso entrambe le gambe in un raid israeliano, trova accoglienza presso una famiglia a Chicago. Un viaggio fisico e interiore che diventa inchiesta sulla generazione più mutilata della storia dei conflitti moderni, ma anche riflessione sulla possibilità di rinascita e solidarietà oltre le frontiere.

Layan Al Baz, 14, al telefono mentre siede sulla sedia a rotelle in casa della famiglia ospitante a Chicago, USA, dove vive segue il percorso riabilitativo. Foto di Eman Mohammed.

In A Toxic Legacy, la giornalista britannica di origini afghano-pakistane Lynzy Billing indaga gli effetti duraturi della presenza statunitense in Afghanistan: falde contaminate, malattie croniche, terre avvelenate dai residui della “madre di tutte le bombe” sganciata dagli Stati Uniti e dalle basi militari statunitensi. La sua indagine mostra come la devastazione ambientale diventi una forma di violenza postbellica, che continua a colpire generazioni di civili molto tempo dopo la fine del conflitto.

Il cimitero delle armi a mezz’ora di macchina dalla base aerea di Bagram. Foto di Lynzy Billing.

Chiude il volume Soudan, la descente aux enfers della giornalista italo-svizzera Isolda Agazzi, che testimonia dal cuore di un Paese lacerato da una guerra intestina senza fine. Tra bombardamenti e fughe di massa, milioni di sudanesi cercano scampo in un mondo che non li vuole accogliere. È un reportage che restituisce la voce a chi, nella narrazione globale, è ridotto a numero o fantasma.

Photo by Pedro Gomez.

Tre geografie, tre storie, una sola urgenza: ridare corpo alla realtà, restituire peso alle parole, opporsi allo “scroll narcotizzante” che ci trasforma in spettatori. Le inchieste raccolte in La guerra che resta sono ponti tra mondi e memorie, gesti di testimonianza che trasformano il dolore in consapevolezza.

Un libro che è anche un omaggio allo spirito di Inge Feltrinelli, alla sua idea di cultura come atto di libertà e come lente per leggere il mondo. Queste storie ci aiutano a far brillare la possibilità di un tempo nuovo, dove i libri e le parole non siano solo testimonianza delle offese, ma anche lo scrigno cui consegnare la fiducia nella possibilità di ricominciare.

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