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I draghi, il gigante, le donne

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Dove ha luogo la vicenda:

In Liberia e negli Usa, prima Texas poi New York. L’Africa è il paese d’origine della scrittrice ed è ben più di un semplice sfondo nella prima parte del romanzo che ripercorre lo scoppio della guerra civile e l’avventurosa fuga della famiglia Moore. L’America è il paese che ha accolto Wayétu e la sua famiglia negli anni Ottanta-Novanta e dove la protagonista è rimasta per studiare e lavorare. Le due località sono i poli strutturali del romanzo e dell’esistenza di Wayétu che in Liberia sogna New York per ricongiungersi alla madre, mentre in America avverte l’irresistibile richiamo delle proprie origini.

Come viene declinato il tema dei diritti in costruzione?

La parabola della protagonista è costellata di lotte. Wayétu capisce ben presto che deve combattere per guadagnarsi ogni piccolo diritto. A cinque anni scopre di aver vinto, in quanto femmina, la possibilità di svolgere le faccende domestiche mentre i maschietti alla stessa età guadagnano il diritto di andare in città e salire in auto. Poco dopo conosce la ferocia della guerra e il prezzo della sopravvivenza. Da adolescente si scontra con il razzismo. Da giovane donna deve lottare con i fantasmi del passato e con la propria identità scissa tra sradicamento e integrazione. A guidarla in questo percorso ci sono il padre che ha il coraggio di un gigante ma soprattutto le donne che hanno sfidato la guerra e i pregiudizi: come sua nonna che nasconde le sue nipoti ai ribelli, la madre che parte in America per una borsa di studio, la giovane miliziana Satta che fa espatriare molte famiglie dalla Liberia.

Dirompenza: quanto e come impatta sugli immaginari? Che scenari e posizionamenti inediti apre al lettore/lettrice?

L’autrice fornisce una prospettiva originale, potremmo dire quasi inedita dal punto di vista letterario, sul golpe militare e sulla guerra civile che hanno insanguinato la Liberia tra gli anni Ottanta e Novanta, una storia ancora poco nota ai più. Inoltre, il punto di vista privilegiato della scrittrice che vive in America da più di trent’anni racconta con schiettezza un razzismo ancora vivo del quale sono vittime le persone di colore come lei e che si insinua in comunità apparentemente progressiste e quindi insospettabili, come la stessa Brooklyn.

Innovatività del linguaggio, dello sguardo e background delle autrici:

La componente che corrobora il valore di questo libro è certamente l’adozione del punto di vista della Wayétu bambina. Tutu guarda alla guerra con uno sguardo innocente, trasfigurando in fiabesco una realtà altrimenti troppo cruenta per una bambina di cinque anni. Eppure la sua storia di draghi, principi e giganti appare molto realistica così come molto realistico è il racconto spesso incredulo dei pregiudizi razzisti che deve subire una volta giunta in America.

Sinossi:

Tutu vive con il padre Gus, la nonna materna Ma e le sue sorelle Wi e K a Caldwell, in Liberia. Sua madre da qualche mese si è trasferita a New York dove, grazie a una borsa di studio, frequenta la Columbia University. La famiglia si sente ogni domenica al telefono e la madre fa avere loro delle videocassette di film, nei quali Tutu vede per la prima volta persone con la pelle dal colore diverso dalla sua: “Su una scatola c’era una bambina dalla pelle bianca con un vestito azzurro, un cagnolino, e tre diavoli Gio attaccati ai fianchi. Sull’altra c’era una donna dalla pelle bianca e i capelli bianchi e le mani aperte sull’erba. Ero confusa. «Leggila» ha detto papà. «Il mago di Oz» ha letto Wi sulla scatola con i diavoli Gio. «Tutti insieme appassionatamente» ha letto sull’altra scatola. Continuavo a essere confusa. «Perché hanno quest’aspetto?» ho chiesto. «Quest’aspetto come?» ha chiesto papà. «Così, da malate. Bianche…» ho detto”.

Quando compie cinque anni, l’esistenza di Tutu viene sconvolta per sempre dalla guerra: un principe, Charles Taylor, è tornato per uccidere il drago – il dittatore Hawa Undu – e la popolazione è ora scissa tra ribelli e non. La sua famiglia, come tante altre, è costretta a fuggire per salvarsi dalla guerra civile.  Inizia così una lunga marcia di tre settimane verso Lai dove si riuniscono ai familiari di Mam. Al dramma della guerra si unisce la pena della distanza visto che qualsiasi comunicazione con la madre è interrotta. Il loro cammino è costellato di bambini armati, costretti a combattere una guerra non loro, uomini uccisi brutalmente perché accusati di tradimento, donne violentate e private dei loro figli. Ma Tutu e le sue sorelle vivono in una fiaba: gli spari sono dei tamburi, i cadaveri sono uomini semplicemente addormentati, i bambini giocano alla guerra. Dopo tante peripezie, la famiglia riesce a raggiungere Lai e qui trascorrono settimane tranquille fino a quando una misteriosa donna armata di nome Setta viene a prelevarli. Dopo trent’anni Wyétu, ormai donna, vive e lavora a New York. È passato molto tempo da quell’avventura eppure i ricordi la continuano a perseguitare, nella vita come nei sogni: rivede il padre trasformarsi in un gigante per mettere in salvo lei e le sue sorelle, il momento in cui ha salutato la nonna che ha deciso di restare in Liberia e soprattutto la comparsa di Setta. Ripensa all’arrivo in Texas, al razzismo con la quale venivano trattate lei e le sue compagne di colore, ai suoi sforzi per integrarsi, agli odori del suo paese, sempre più deboli e lontani, e soprattutto a Satta. Chi era? Perché ha salvato la sua famiglia? La protagonista decide di tornare in Liberia dove vivono i suoi genitori e la sua nonna: qui rivive la guerra dal punto di vista della madre che aveva dovuto lasciare il paese e la famiglia per emanciparsi, che per mesi ha temuto per la vita di suo marito e delle sue figlie senza sapere nulla di loro, che ha avuto il coraggio di andare in Sierra Leone per salvarli e ha pagato una ribelle per farli espatriare.

In breve:

Una favola di guerre, prima quella contro i draghi, poi quella contro il razzismo. La Moore ci racconta una fiaba dal finale non univoco dove persino i principi si rivelano malvagi quanto il drago, e dove le armi più pericolose possono nascondersi in un semplice sguardo che ci relega a “diversi”. A salvarla ci penserà un gigante buono e soprattutto le donne, eroine d’eccezione, che non hanno bisogno di maschere o travestimenti per dimostrare il loro valore: «Perché non si erano limitati a chiedere a una donna, a una come Mam, a una di quelle donne che sapevano fare tutto e andare dappertutto, di entrare semplicemente nella foresta e parlare con Hawa Undu con voce gentile? E lei non lo avrebbe combattuto. Avrebbe solo preso Hawa Undu per mano e lo avrebbe accompagnato fuori».

L’autrice:

Wayétu Moore (1985) è nata in Liberia, allo scoppio della guerra civile si è trasferita negli Stati Uniti insieme alla famiglia. Il suo romanzo d’esordio, She Would Be King, è stato accolto con molto entusiasmo da parte della critica e dei lettori: è stato selezionato come uno dei migliori libri del 2018 da Publishers Weekly, Booklist, Entertainment Weekly e BuzzFeed. Il secondo romanzo I draghi, il gigante, le donne è stato selezionato come New York Times Notable Book, Time Magazine 10 Best Nonfiction Books e Publishers Weekly Top 5 Nonfiction Books. È molto attiva nel sociale: ha fondato la casa editrice One Moore Book, organizzazione non-profit che pubblica e distribuisce libri per bambini che vivono in paesi poco rappresentati nella letteratura.

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